La crisi tocca 500 posti

Da Il Giornale di Vicenza.it 20/10/2013

ALTO VICENTINO. Artifer, 38 lavoratori in mobilità. Analisi dei sindacati sulla Smit con problemi per gli stipendi. Contratti di solidarietà e cassa per Ind.I.A. Fe.Ba. e Fas

SCHIO. La crisi morde e procede la deindustrializzazione nell'Alto Vicentino. Numerose sono le aziende ancora alle prese con difficoltà. I casi più eclatanti sono quelli di cinque aziende - Artifer, Ind.I.A., Fe.Ba., Smit e Fas - che complessivamente danno lavoro a 500 persone e che hanno attivato ammortizzatori sociali. Il caso più recente è quello di Artifer che mette in mobilità «38 dipendenti dall'inizio di novembre», annuncia il sindacalista Davide Passuello di Fim Cisl. Situazione non semplice anche per le altre aziende del comparto ferro battuto: «A Malo l'Ind.I.A. ha firmato pochi giorni fa un contratto di solidarietà per salvaguardare i suoi 115 posti di lavoro - continua Passuello -, mentre la Fe.Ba. sta facendo ricorso alla cassa integrazione ordinaria». La luce in fondo al tunnel, quando si vede, rimane lontana per il settore manifatturiero. «Per Fas è scaduto il contratto di solidarietà - ricorda Maurizio Doppio, della stessa sigla sindacale - Per i 150 dipendenti dell'azienda inizierà la cassa integrazione, a rotazione, fino a dicembre». «Alla fine dell'anno terminano gli ammortizzatori sociali anche per Smit - aggiunge Massimiliano Bianco, Fiom - Gli operai che lavorano, circa un quarto dei 130 dipendenti, non ricevono stipendi da 3 mesi».


ARTIFER E IND.I.A. e Fe.Ba. Quella di Artifer è una crisi, come per tutte le aziende del settore del ferro, che va avanti dal 2008 con i fatturati che si sono dimezzati rispetto all'epoca. «Il ricorso alla cassa integrazione è iniziato nel 2010 - nota Passuello - fino a luglio 2012 c'è stata quella straordinaria e a novembre dello stesso anno era stato firmato un contratto di solidarietà per scongiurare esuberi». Ora l'attività si ridimensionerà a partire dal 2 novembre, fino ad esaurimento delle commesse aperte». La colpa viene imputata alla crisi dell'edilizia ed alla concorrenza dei paesi emergenti, difficile da sostenere con alti costi del lavoro e la stretta al credito. «Ma anche se l'intero comparto del ferro battuto è in difficoltà - sottolinea Bianco - Bisogna dare atto a chi continua ad investiere». L'esempio indicato è quello di India, che pur avendo adottato un contratto di solidarietà sta trovando nuove prospettive grazie agli investimenti in tecnologia».

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